I lavoratori atipici

   Dal 2005 gli oltre 2 milioni di collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.) sono diventati tutti dei «lavoratori a progetto», secondo le regole di un decreto legislativo che attua le modifiche del mercato del lavoro previste dalla riforma Biagi.
   In pratica, il rapporto tra il lavoratore e l'azienda è fondato su una collaborazione a tempo, collegata alla realizzazione di un progetto. Alla scadenza del contratto, che deve essere indicata e sottoscritta, il progetto dell'azienda può essere considerato realizzato. E a quel punto l'ex co.co.co. deve diventare un dipendente a tempo indeterminato, oppure essere impegnato in un altro progetto temporaneo. La terza possibilità è che l'azienda rinuncia alla sua collaborazione.
   Ma chi sono i co.co.co? Un'approfondita indagine sul lavoro atipico, svolta in collaborazione tra il Censis e l'Iref (l'istituto di ricerche), individua quattro categorie:

   I surfisti, che hanno un'idea positiva della flessibilità e la vivono come un percorso professionale.
                                                                                                                                 surfisti

   I sospesi, tra un lavoro che oggi c'è e domani potrebbe non esserci.      sospesi

   I novizi, che trovano nelle forme contrattuali dei co.co.co. una prima porta d'ingresso nel mondo del lavoro e si aspettano, per il futuro, impegni più solidi e consistenti.       novizi

   E infine i naufraghi, i più fragili, che percepiscono il lavoro di co.co.co. come l'unica zattera alla quale aggrapparsi nell'oceano di un mondo del lavoro che non riserva loro né opportunità né formazione.       naufraghi

 

Testimonianze dei lavoratori atipici dell'Atesia,
il più grande call center in Italia,
nel quartiere romano
di Cinecittà 2

("IL SURFISTA")

FLESSIBILE E FELICE
«Purché sia libero»

Antonio Pani, 30 anni: «La cosa più bella di questo lavoro? Entro ed esco quando voglio. Ci sono giorni che sento l'energia per scalare una montagna e mattine durante le quali desidero solo dormire ed essere lasciato in pace. Con un contratto di collaborazione puoi decidere, ogni giorno, che cosa fare, come farlo e con chi farlo. Spero che questo non cambi».

("LE SURFISTE")

SINDACATO? NO GRAZIE
«Non toglieteci l'autonomia»

Valentina Gori, 24 anni, e Morena De Gisi, 27 anni: «Non pensiamo che il sindacato sia dalla nostra parte. Invece sappiamo quello che abbiamo firmato per lavorare nel call center, quali sono i nostri impegni. Cosa ci aspettiamo? Tutto, ma non l'obbligo di un orario».

                                                                             
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("LA SOSPESA")

STIPENDIO TROPPO INCERTO
«Più soldi sicuri»

Giorgia Gismondi, 23 anni: «Ho un diploma turistico-professionale e volevo fare la guida, ma non ci sono riuscita perché non parlo le lingue straniere. Ero disperata. Così ho ascoltato mia cugina e ho inviato il curriculum all'Atesia: dopo 20 giorni già lavoravo. Guadagno una cifra diversa ogni mese. Spero di avere finalmente uno stipendio fisso».
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(IL NOVIZIO")

IL SOGNO DEL MUSICISTA
«Ma penso al presente»

Valerio Garavaglia, 22 anni: «L'assistenza sanitaria, i risparmi per comprare la casa, la pensione sono tutte cose alle quali penserò più tardi nella mia vita. Adesso è il momento di studiare e di guadagnare i soldi. Spero che aumentino e che possano bastare per coltivare la mia vera passione: la musica».

("LA NOVIZIA")

IN TRANSITO
«Mi vedo in tv»

Martina Nazio, 19 anni: «Ho un diploma in ragioneria e non ho le idee chiare sul mio futuro. Ho tempo e certo non passerò tutta la vita in un call center, dove dopo tre ore di telefonate mi scoppia la testa. Il mio sogno nel cassetto resta un futuro da attrice».

                                                                           
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("LA NAUFRAGA")

RIMPIANTO DEL POSTO
«Quel passo falso»

Stefania Gianni, 45 anni: «L'errore l'ho fatto vent'anni fa quando, per crescere bene i miei due figli, ho rinunciato al lavoro con in tasca un diploma di segretaria d'azienda. Adesso devo accontentarmi del call center, ma almeno spero che mi diano qualche sicurezza in più».


 

("IL NAUFRAGO")

COMBATTIVO
Carriera sfumata

Marco Volpi, 38 anni: «Sognavo una carriera universitaria, ma ho capito che, senza raccomandazioni, era impossibile. Adesso faccio il co.co.co. e il mio futuro è combattere per i nostri diritti».


                                                                                  
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